Non ho foto con te ma solo parole, quelle dette di persona, al telefono e scritte nelle chat e nei social.
Parole sempre pesanti, le tue, che misuravo in carati.
Ogni volta la prima sensazione alle tue parole era di fastidio, irritazione, disagio ma non eri tu, ero io.
Privato delle mie certezze barcollavo nella zattera che credevo terraferma e cambiavo prospettiva, ero costretto a pensare, a farmi una mia opinione, a prendere una posizione.
Io che sono così distante dalla dialettica netta ero costretto a misurarmi con me stesso grazie a te.
Ecco, cara Michela, avevi un talento che solo in pochi hanno, innescare pensiero, sgretolare sicurezze, ispirare cambiamento come i veri intellettuali sanno fare.
Non quelli che disprezzavi nelle loro comode rendite di posizione (quante me ne hai raccontato, del mondo della politica, del mondo della letteratura) ma quelli che sanno di avere una responsabilità sociale che prescinde dalla loro persona, nonostante tutto, nonostante tutti.
Sei stata netta, spesso categorica e senza sconti diventando spesso tu il parafulmine delle questioni microspopiche o universali.
Non eravamo amici di quell’amicizia che è frequentazione ma di quella per me più preziosa, della presenza e del confronto quando si può, quando si deve, quando è necessario.
Esserci per l’altro, generosamente, mettendoci la faccia (e te la ridevi per quel mio nick che sapevi non era paravento ma solo un vestito blu).
Esserci per la tua, la nostra terra in quella tua esperienza politica che ha divelto muretti a secco e consuetudini portando speranza e purezza in una regione soffocata da una imbarazzante politica praticamente indistinguibile per schieramenti e visioni.
Un vero dolore non averti visto dentro quella Regione che avresti ribaltato con una vera politica giusta, di quella politica di sinistra che ormai è difficile anche solo immaginare.
Una Regione che ti ha per lo più disprezzato con la tipica attitudine di chi non ama sentirsi sbattere la verità in faccia e dover quindi prendere posizione.
Soprattutto da quella politica e cultura che ti ha messo ai margini perché ignorare è più facile che dover cambiare.
Esserci per quella terra martoriata dall’alluvione di Olbia dove tu, in campagna elettorale avresti potuto fare carne da macello di una politica imbarazzante e inefficace e invece decidesti di darci una mano dietro le quinte, senza polemica, condividendo il valore del volontariato social e digitale che a me e a tanti altri ha cambiato la percezione della rete social in italia.
Ma forse era destino che la tua amata isola fosse troppo poco per il tuo pensiero e da quella esperienza hai spiccato il volo diventando un riferimento sociale assoluto nella nostra Italia.
La tua cristallina nettezza sulle questioni politiche, prima fra tutte il fascismo, il rispetto degli ultimi, i migranti, il genere, la famiglia sono eredità pesanti che hai forgiato con la tua costante, pervicace, faticosa e talvolta anche dolorosa presenza in prima linea, senza alcun timore delle conseguenze di essere il facile bersaglio di chi non vuole cambiare per egoismo e grettezza. Una libertà assoluta di pensiero che rimane un altissimo esempio, forse non sai nemmeno tu quanto lo sia in questi tempi così gretti, meschini, melliflui e scontornati.
Twitter, poi. Quante ne abbiamo fatto, Michela. Quante, bellissime, di cazzeggi, di perculamenti, di polemiche, di pensiero, di storie, di silenzi.
Un pezzo del twitter degli anni più belli, quelli del pensiero e delle persone che provavano a innovare le relazioni mediate da questo strumento così semplice ma così tremendamente spietato.
Era difficile starti dietro nel tuo scrivere sapiente e efficace, era difficile non sorridere quando sfilettavi i poveri malcapitati che provavano a mettere in difficoltà il tuo pensiero e la tua dialettica fulminante.
Leggo le nostre conversazioni, unisco i puntini dei miei ricordi e sono belli, ruvidi e spassosi, taglienti e irridenti, magnifici lirismi e rustici sardismi.
Con te ho capito quanto non avessi capito chi fossi veramente.
Sui miei dubbi di essere un debole, un pigro, poco netto mi dicesti che no, “ero un diplomatico e che qualcuno che non prende i conflitti troppo sul serio è necessario come il pane“.
Ecco, quello che ho imparato da te è che ognuno deve fare la sua parte, secondo la sua attitudine, capacità, forza.
Non siamo tutti Michela, non dobbiamo esserlo, ma dobbiamo trovare il modo per migliorare questo mondo nelle relazioni e nelle azioni di ogni giorno, senza paura, senza vergogna, senza condizionamenti.
Essere liberi è questo, essere umani è questo: vivere insieme per dare un senso alla nostra esistenza lunga o breve che sia.
Perché il tempo è misurabile solo in senso, non in secondi o anni.
È quello che lasciamo nel ricordo negli altri, è ciò che abbiamo costruito nelle relazioni umane, nel cambiamento che abbiamo innescato ognuno per il suo piccolo pezzo, chi minuscolo, chi monumentale come Michela ma sempre rilevante, decisivo, utile.
Questo è quello che mi porto nel cuore, insieme a mille parole, ai quegli incontri mancati, quelle cene rimandate, quei progetti mai portati avanti, quelle cose che non sono rimpianti, sono solo la vita che è così e si accetta e si prende ciò che di buono abbiamo vissuto, con la coscienza di aver fatto la nostra parte.
Ciao, Michela. Insegna agli angeli il potere del poba e come si fa uno spaghetto alla bottarga come si deve, che quelli la cuociono, maledetti. 💙